Le origini dei Tarocchi (1)

Una storia che si perde nella notte dei tempi

Le vere origini dei Tarocchi risalgono ai tempi dell’infanzia dell’umanità, quando i nostri progenitori conducevano ancora un’esistenza nomade. Infatti, le carte illustrate oggi note con il nome di “Tarot” (il cui significato letterale è “Stelle”) costituiscono l’evoluzione successiva di quelli che, in origine, erano dei semplicissimi segni grafici. Se vogliamo dare una collocazione geografica all’origine ultima dei Tarocchi, possiamo cerchiare l’area occidentale dell’attuale Iran, territorio che rientrava nel lembo orientale della cosiddetta “mezzaluna fertile”.

I segni grafici da cui si svilupparono i Tarocchi non furono inventati, bensì andarono in qualche modo “incontro” ai nostri progenitori. L’intero processo partì, infatti, da una calamità naturale (verosimilmente la caduta di un meteorite) che gli esseri umani d’allora ritennero, però, di origine soprannaturale e dunque in grado di influenzare la loro intera esistenza. Vennero attentamente osservati i segni che questo evento lasciò sul terreno. In particolare, l’attenzione si concentrò su una roccia (di presunta origine meteorica, appunto), la quale sembrava recare in superficie dei segni molto significativi: tali segni, considerati dei messaggi provenienti dall’Universo, vennero custoditi dai sacerdoti e tramandati di generazione in generazione.

Un giorno, in un’epoca in cui le arti figurative e il linguaggio si erano ormai evoluti, alcuni uomini e donne, depositari e custodi di quegli antichi segni grafici, intuirono che avrebbero dovuto tramutarli in immagini simboliche dotate di significati universali, per evitare il rischio che quella sapienza ancestrale si smarrisse nel tempo. Questa decisione fu probabilmente indotta da un evento climatico estremo e del tutto inatteso, come potè essere un’abbondante, sorprendente nevicata in un ambiente a quei tempi arido e semidesertico: un avvenimento talmente inspiegabile da far presagire e temere una imminente fine del mondo. Quel cataclisma spinse il gruppo di saggi a studiare un sistema finalizzato a preservare l’antica conoscenza fino ad allora acquisita: essi decisero perciò di elaborare delle immagini simboliche che potessero essere comprese dall’umanità intera, al di là delle differenze linguistiche e culturali. Tali immagini rappresentavano, in maniera stilizzata, figure antropomorfe, animali, piante ed altri elementi della natura, ma al loro interno si celavano anche dei simboli dotati di significati ulteriori rispetto a quelli apparenti. Nel corso del tempo, tali immagini furono disegnate o incise su una gran varietà di materiali e supporti. La modalità più curiosa in cui apparirono fu in forma di dadi da gioco.

Lo studio di queste immagini e del loro significato simbolico divenne ben presto un compito essenziale per molte generazioni di iniziati. Tuttavia, l’ambito geografico in cui esse erano conosciute restò, per molto tempo, alquanto ristretto. Questa situazione cambiò grazie all’iniziativa di una sacerdotessa consacrata alla Luna, donna molto potente ed influente poiché riconosciuta quale depositaria di una grande saggezza ancestrale. Costei, ad un certo punto, ritenne che fosse giunto il momento di diffondere, nel mondo di cui allora si intuiva l’esistenza, la conoscenza acquisita dal suo popolo e tramandata di generazione in generazione; volle, dunque, sondare la disponibilità di vari gruppi di iniziati ad intraprendere quest’Opera. Si trattava di un compito molto rischioso, perchè comportava la necessità di intraprendere lunghi viaggi attraverso territori inospitali e in gran parte sconosciuti. Ciò nonostante, l’autorevolezza di questa sacerdotessa era tale che furono in molti ad accogliere, con impareggiabile devozione nei confronti del Servizio, il suo invito. Questi uomini, dunque, si misero in viaggio dopo essersi organizzati in gruppi, ciascuno dei quali prese una diversa direzione. Essi ritenevano un loro preciso compito quello di diffondere il Sapere acquisito nelle proprie terre di origine, ma svolsero tale Opera con grande discrezione, senza alcun clamore: non intendevano, infatti, fare proselitismo, bensì farsi portatori silenziosi di un messaggio destinato all’umanità intera. Costituivano parte integrante del loro bagaglio sapienziale le immagini simboliche che, molto tempo dopo, avrebbero ispirato la creazione dei Tarocchi. Fu in particolar modo sul suolo d’Egitto che tale conoscenza trovò terreno fertile sul quale attecchire e prosperare.

Ad una mia precisa domanda è stato risposto che, all’epoca in cui questa conoscenza approdò in Egitto (indicativamente intorno al 7.000 a.C.), la Sfinge di Giza esisteva già: essa era considerata una “chiave” in grado di aprire un portale “ultradimensionale”. Ho posto questa domanda per provare ad inquadrare meglio l’epoca in cui si decise di inserire l’enigmatica Sfinge tra le immagini dei Tarocchi (essa è oggi raffigurata nell’Arcano X, “La Ruota della Fortuna”). In base alle informazioni che ho ricevuto da Akasha, non solo l’immagine della Sfinge, ma anche quella della Ruota sarebbe entrata a far parte di questo antico “repertorio” di simboli già durante l’antichità egizia. Il “macchinario” che costituisce la Ruota raffigurata nell’Arcano X sarebbe stato ispirato – sempre secondo Akasha – dai mulini ad acqua. Svolgendo una breve ricerca volta a chiarire se questa intuizione potesse avere un reale fondamento, ho scoperto che, storicamente, i mulini ad acqua sembrano avere origini antichissime: già i Sumeri, stanziati in Mesopotamia, ne avrebbero sperimentato l’utilizzo. Ricordo che – per quanto ciò non provi in maniera inconfutabile l’esistenza di un collegamento – la Ruota dei Tarocchi di Marsiglia sembra “galleggiare” sull’acqua.

Anche in Egitto, come nelle terre d’origine, questa antica conoscenza fu tramandata all’interno di una ristretta cerchia di iniziati, devoti al culto della dea Iside e del figlio di quest’ultima, Horus. E’ necessario ricordare che, tra le pratiche cui tali iniziati si sottoponevano, vi era anche quella della magia sessuale, nel cui ambito le donne assumevano spesso un ruolo preponderante, essendone parte attiva a tutti gli effetti. La contemplazione e lo studio delle immagini simboliche di cui fino ad ora abbiamo parlato costituiva parte integrante ed irrinunciabile del lavoro iniziatico.

La storia continua…